La storia del cavallo
+4
Gretiul....
mony&fanda
cavalerizza
Chiars
8 partecipanti
L' Ippico :: Altre discipline :: Altro
Pagina 1 di 1
La storia del cavallo
I presunti progenitori del cavallo sono apparsi sulla terra circa 55 milioni di anni fa. Gli evoluzionisti hanno una buona conoscenza del processo evolutivo che ha portato alla specie attuale (vedi anche Evoluzione del cavallo). Gli studi sui fossili dimostrano che il probabile progenitore dell'odierno cavallo (Hyracotherium) era alto non più di 30-40 cm al garrese ed i suoi arti avevano almeno 4 dita; il suo ambiente era la foresta ed aveva una dentatura di tipo onnivoro. Durante il processo evolutivo, i suoi discendenti si adattavano progressivamente alla condizione di erbivori stretti e alla vita nelle praterie; la statuta aumentava, gli arti diventavano più lunghi, diminuiva il numero delle dita e i denti si modificavano progressivamente aumentando in lunghezza e nei caratteri della superficie masticatoria. Il cavallo odierno, Equus caballus, e gli altri appartenenti del genere Equus poggiano sull'unico dito rimastogli: il medio. In America, il cavallo si estinse in epoca preistorica, contemporaneamente ad altri grandi mammiferi; fra le ipotesi per tali estinzioni, il disturbo antropico costituito dalla caccia da parte dell'uomo. Sopravvissuto in Europa e Asia, la prima evidenza storica dell'addomesticamento del cavallo si ha in Asia Centrale verso il 3000 a.C. Un progenitore dei cavalli attuali è considerato il tarpan, un cavallo selvatico europeo ufficialmente estinto nel 1876.
Quando, nel 1519, l'esigua schiera di Spagnoli capitanata da Ferdinando Cortes s'inoltrò fra le gole e i deserti del Messico, si vide fatta segno da parte degli indigeni a straordinarie manifestazioni di rispetto e di deferenza: gli Aztechi veneravano nei pallidi guerrieri venuti dal Levante i compagni di Queztalcoatl, il dio fondatore della stirpe, signore del tuono e della folgore, dal torso d'uomo e dal corpo belluino. Non avevano mai visto un cavallo, quegli ingenui sudditi di Montezuma, e credevano che gli Spagnoli fossero tutt'uno coi loro animali, come giganteschi centauri. In America, infatti, fino all'arrivo degli europei, il cavallo era del tutto sconosciuto: e ciò appare piuttosto strano a noi, che siamo abituati da millenni a considerarlo come il compagno indivisibile dell'uomo in tutte le sue imprese di guerra e di conquista. In Europa e in Asia esso compare fin dalla più remota preistoria; senza risalire all'età paleolitica (sulla parete di una grotta della Dordogna è dipinto un bellissimo cavallo in corsa, che risale a forse 50.000 anni fa), basta pensare alle civiltà degli Arii in India, dei Cinesi e dei Giapponesi in Estremo Oriente, degli Assiri e degli Ittiti nel Mediterraneo, per vedere, protagonista di ogni fatto storico, l'uomo a cavallo. Greci e Romani avevano per i cavalli, per le corse dei cocchi, per l'equitazione, una passione che rasentava il fanatismo: Caligola, il folle imperatore, arrivò a creare senatore il suo cavallo Incitatus, e a fargli costruire una scuderia di marmo e d'argento. Dalle gradinate del Circo Massimo le grida frenetiche di 200.000 spettatori accompagnavano il galoppo delle quadrighe; spesso, fra i sostenitori delle due parti avverse, scoppiavano zuffe sanguinose. Crollò anche l'impero romano, con la sua decadente e raffinatissima civiltà forse una delle poche cose che sopravvissero a tanto sfacelo fu l'arte equestre, che si venne sempre più affermando come privilegio della nobiltà. Le pianure di Maremma e di Normandia fornivano ai cavalieri medioevali i massicci stalloni da guerra, capaci di sopportare il peso delle grevi armature: e si può dire che, dal XII fino al XVII secolo, fino a quando, cioè, gli Inglesi cominciarono ad incrociare i loro cavalli con quelli arabi, gli allenamenti, i metodi, e i mercati italiani dominarono il mondo ippico d'Europa. Oggi esistono decine di razze equine, spesso assai diverse l'una dall'altra, adatte ai più svariati compiti. Così l'Hackney, inglese, un bel animale dalle forme robuste, che si presta sia al tiro leggero che alla sella; il Pony, piccolo e tozzo la cavalcatura prediletta dai bambini; il cavallo da polo, simile al precedente, allevato appositamente per questo gioco; lo Shire, un mastodontico cavallo da tiro, dalle zampe larghe e pelose, pesante fino a 10 quintali. In Oriente dominano il cavallo Arabo e il Berbero; piuttosto piccolo il primo, grigio pomellato, resistente e velocissimo; più robusto, di mantello rosso o roano, il secondo. Da incroci fra cavalli arabi e inglesi è nato, come si è detto, quel magnifico campione di velocità e di resistenza che è il purosangue inglese, dominatore degli ippodromi. Ottime razze sono pure la Normanna, adatta al tiro pesante, e l'Andalusa, indigena della Spagna, che produce cavalli vivaci e di bell'aspetto. In Italia abbiamo l'eccellente cavallo Sardo (o meglio, Arabo-Sardo, perché ottenuto originariamente da incroci con Arabi), il Maremmano, che costituiva il nerbo della nostra cavalleria, il Lipizzano, uno splendido cavallo di parata che si alleva nell'Istria, dal pelame bianchissimo. Da più di un secolo sono stati importati alcuni esemplari di purosangue inglesi da corsa; oggi gli allevamenti italiani di galoppatori sono tra i primi al mondo (gli sportivi ricordano ancora il grande Nearco, il puledro italiano che passò come un trionfatore sugli ippodromi d'Europa; fu venduto ad allevatore inglese per una somma pari a quattrocento milioni di lire). Nelle corse al trotto dominano invece, incontrastati, gli allevatori americani; anche i trottatori europei sono tutti originari d'oltre Atlantico. L'equitazione, che in Italia è stata rivoluzionata dal capitano Caprilli, ha raggiunto forse il suo massimo livello tecnico; è difficile pensare che i cavalieri futuri riescano a trovare qualcosa di nuovo in un'arte che viene praticata da migliaia d'anni. L'allevamento, invece, attende dalla scienza nuovi impulsi; effettivamente, oggi otteniamo cavalli migliori di quelli che si avevano solo cent'anni fa, tant'è vero che i record's sul miglio si abbassano di anno in anno. Il purosangue che vediamo sfilare davanti alle trincee prima della corsa, fremente di vita sotto il serico mantello baio o sauro, è il frutto di lunghi studi, di sapienti accorgimenti: per accrescerne le doti di resistenza e di velocità, per adattarlo al terreno elastico o pesante, per imprimergli lo spunto veloce ai nastri o sul traguardo, allevatore e trainer hanno dovuto spiegare tutta la loro esperienza e la loro sagacia. E quando il puledro rientra al peso, madido di sudore e con gli occhi iniettati di sangue, dopo la vittoriosa galoppata sulla pista erbosa, gli uomini che l'hanno curato e allenato lo accarezzano con gli occhi umidi dalla commozione: e in quel gesto è tutto l'amore dell'uomo verso il nobile animale che dai lontani, oscuri giorni della preistoria lo ha accompagnato nel suo lungo cammino.
UN PO' DI FOTO_
Quando, nel 1519, l'esigua schiera di Spagnoli capitanata da Ferdinando Cortes s'inoltrò fra le gole e i deserti del Messico, si vide fatta segno da parte degli indigeni a straordinarie manifestazioni di rispetto e di deferenza: gli Aztechi veneravano nei pallidi guerrieri venuti dal Levante i compagni di Queztalcoatl, il dio fondatore della stirpe, signore del tuono e della folgore, dal torso d'uomo e dal corpo belluino. Non avevano mai visto un cavallo, quegli ingenui sudditi di Montezuma, e credevano che gli Spagnoli fossero tutt'uno coi loro animali, come giganteschi centauri. In America, infatti, fino all'arrivo degli europei, il cavallo era del tutto sconosciuto: e ciò appare piuttosto strano a noi, che siamo abituati da millenni a considerarlo come il compagno indivisibile dell'uomo in tutte le sue imprese di guerra e di conquista. In Europa e in Asia esso compare fin dalla più remota preistoria; senza risalire all'età paleolitica (sulla parete di una grotta della Dordogna è dipinto un bellissimo cavallo in corsa, che risale a forse 50.000 anni fa), basta pensare alle civiltà degli Arii in India, dei Cinesi e dei Giapponesi in Estremo Oriente, degli Assiri e degli Ittiti nel Mediterraneo, per vedere, protagonista di ogni fatto storico, l'uomo a cavallo. Greci e Romani avevano per i cavalli, per le corse dei cocchi, per l'equitazione, una passione che rasentava il fanatismo: Caligola, il folle imperatore, arrivò a creare senatore il suo cavallo Incitatus, e a fargli costruire una scuderia di marmo e d'argento. Dalle gradinate del Circo Massimo le grida frenetiche di 200.000 spettatori accompagnavano il galoppo delle quadrighe; spesso, fra i sostenitori delle due parti avverse, scoppiavano zuffe sanguinose. Crollò anche l'impero romano, con la sua decadente e raffinatissima civiltà forse una delle poche cose che sopravvissero a tanto sfacelo fu l'arte equestre, che si venne sempre più affermando come privilegio della nobiltà. Le pianure di Maremma e di Normandia fornivano ai cavalieri medioevali i massicci stalloni da guerra, capaci di sopportare il peso delle grevi armature: e si può dire che, dal XII fino al XVII secolo, fino a quando, cioè, gli Inglesi cominciarono ad incrociare i loro cavalli con quelli arabi, gli allenamenti, i metodi, e i mercati italiani dominarono il mondo ippico d'Europa. Oggi esistono decine di razze equine, spesso assai diverse l'una dall'altra, adatte ai più svariati compiti. Così l'Hackney, inglese, un bel animale dalle forme robuste, che si presta sia al tiro leggero che alla sella; il Pony, piccolo e tozzo la cavalcatura prediletta dai bambini; il cavallo da polo, simile al precedente, allevato appositamente per questo gioco; lo Shire, un mastodontico cavallo da tiro, dalle zampe larghe e pelose, pesante fino a 10 quintali. In Oriente dominano il cavallo Arabo e il Berbero; piuttosto piccolo il primo, grigio pomellato, resistente e velocissimo; più robusto, di mantello rosso o roano, il secondo. Da incroci fra cavalli arabi e inglesi è nato, come si è detto, quel magnifico campione di velocità e di resistenza che è il purosangue inglese, dominatore degli ippodromi. Ottime razze sono pure la Normanna, adatta al tiro pesante, e l'Andalusa, indigena della Spagna, che produce cavalli vivaci e di bell'aspetto. In Italia abbiamo l'eccellente cavallo Sardo (o meglio, Arabo-Sardo, perché ottenuto originariamente da incroci con Arabi), il Maremmano, che costituiva il nerbo della nostra cavalleria, il Lipizzano, uno splendido cavallo di parata che si alleva nell'Istria, dal pelame bianchissimo. Da più di un secolo sono stati importati alcuni esemplari di purosangue inglesi da corsa; oggi gli allevamenti italiani di galoppatori sono tra i primi al mondo (gli sportivi ricordano ancora il grande Nearco, il puledro italiano che passò come un trionfatore sugli ippodromi d'Europa; fu venduto ad allevatore inglese per una somma pari a quattrocento milioni di lire). Nelle corse al trotto dominano invece, incontrastati, gli allevatori americani; anche i trottatori europei sono tutti originari d'oltre Atlantico. L'equitazione, che in Italia è stata rivoluzionata dal capitano Caprilli, ha raggiunto forse il suo massimo livello tecnico; è difficile pensare che i cavalieri futuri riescano a trovare qualcosa di nuovo in un'arte che viene praticata da migliaia d'anni. L'allevamento, invece, attende dalla scienza nuovi impulsi; effettivamente, oggi otteniamo cavalli migliori di quelli che si avevano solo cent'anni fa, tant'è vero che i record's sul miglio si abbassano di anno in anno. Il purosangue che vediamo sfilare davanti alle trincee prima della corsa, fremente di vita sotto il serico mantello baio o sauro, è il frutto di lunghi studi, di sapienti accorgimenti: per accrescerne le doti di resistenza e di velocità, per adattarlo al terreno elastico o pesante, per imprimergli lo spunto veloce ai nastri o sul traguardo, allevatore e trainer hanno dovuto spiegare tutta la loro esperienza e la loro sagacia. E quando il puledro rientra al peso, madido di sudore e con gli occhi iniettati di sangue, dopo la vittoriosa galoppata sulla pista erbosa, gli uomini che l'hanno curato e allenato lo accarezzano con gli occhi umidi dalla commozione: e in quel gesto è tutto l'amore dell'uomo verso il nobile animale che dai lontani, oscuri giorni della preistoria lo ha accompagnato nel suo lungo cammino.
UN PO' DI FOTO_
- Spoiler:
- .E GRAZIE A QUESTI ANIMALI MERAVIGLIOSI NOI UOMINI ABBIAMO IMPARATO A VOLARE, O MEGLIO, LORO CE LO HANNO INSEGNATO.
Chiars- Patente A
- Numero di messaggi : 47
Età : 30
Località : Pesaro
Data d'iscrizione : 12.04.09
Re: La storia del cavallo
i acvalli sono animali che ci regalano grandi em ozioni
cavalerizza- II Grado
- Numero di messaggi : 1290
Età : 25
Località : bari4ever!!
Data d'iscrizione : 21.01.09
Re: La storia del cavallo
i cavalli sn animali stupendi e fantastici !!
mony&fanda- Brevetto Qualificato
- Numero di messaggi : 503
Età : 27
Data d'iscrizione : 02.09.08
Re: La storia del cavallo
hai proprio ragione sono miticiiiiiiiiiiiiiiiicavalerizza ha scritto:i acvalli sono animali che ci regalano grandi em ozioni
Gretiul....- Brevetto Qualificato
- Numero di messaggi : 540
Età : 29
Località : Parma
Data d'iscrizione : 02.09.09
Re: La storia del cavallo
i cavalli sono i migliori!!
arabianhorse- II Grado
- Numero di messaggi : 1624
Età : 26
Località : Provincia di Cuneo
Data d'iscrizione : 24.11.09
Re: La storia del cavallo
i cavalli sono unici!!!!!!
kikka97- I Grado Qualificato
- Numero di messaggi : 835
Età : 26
Località : Matera
Data d'iscrizione : 20.11.09
Re: La storia del cavallo
C°A°V°A°L°L°I come faremmo senza di loro???!
Jany&Crem<3- Patente A
- Numero di messaggi : 86
Età : 26
Località : Pedara CT
Data d'iscrizione : 22.11.09
Re: La storia del cavallo
unici e impeccabili!!!
cavallo rampante- Patente A
- Numero di messaggi : 24
Data d'iscrizione : 02.05.10
Argomenti simili
» La vostra storia
» la nostra storia...
» UNA BELLA STORIA
» La storia di un mito.....
» La mia storia ... Elisa e Crazy in the <3
» la nostra storia...
» UNA BELLA STORIA
» La storia di un mito.....
» La mia storia ... Elisa e Crazy in the <3
L' Ippico :: Altre discipline :: Altro
Pagina 1 di 1
Permessi in questa sezione del forum:
Non puoi rispondere agli argomenti in questo forum.
|
|